Per questo post ho subito pensato di citare uno dei miei autori preferiti: Il Poeta Dante Alighieri. Nello specifico ho scelto, riferendomi al termine soggetto del mio blog, la sua più famosa opera letteraria "La Divina Commedia".
In particolar modo possiamo notare come l'autore mensiona l'azione del verbo nella I Cantica, Canto VI, quindi nel III girone infernale dedicato alle anime dei golosi, dove avviene l'incontro con Ciacco (presumibilmente un parassita che veniva invitato ai banchetti per allietare i commensali con le sue facezie) al quale il poeta rivolge tre domande inerenti il futuro politico di Firenze: Cosa succederà alle fazioni in lotta, se vi sono cittadini giusti, quali sono le cause della discordia. Ciacco risponde alle domande profetizzando la vittoria dei Neri, dicendo che i giusti sono pochissimi e in fine indicando le cause delle divisioni in superbia, invidia e avarizia.
Qui di seguito i versi che interessano la conversazione tra Dante e Ciacco.
[...]
Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno 60
li cittadin de la città partita;
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione
per che l’ha tanta discordia assalita». 63
E quelli a me: «Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l’altra con molta offensione. 66
Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l’altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia. 69
Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo l’altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n’aonti. 72
Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c’hanno i cuori accesi». [...] 75
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